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Perché ho abbandonato i social network

La storia

L'idea di cancellare tutti i social media non è nuova per me, e ha trovato sfogo già nei miei anni di liceo. All'epoca ero il paladino perfetto del software libero e open source, della privacy come diritto umano e di Big Tech come il male assoluto. Il mio eroe di riferimento era Edward Snowden e a volte mi sentivo come Cassandra a fare annunci di sventura a cui la maggior parte delle persone non dava alcun peso.
Molte di queste certezze non sono crollate, anzi. Ma ho sicuramente imparato a osservare questi fenomeni con un occhio più critico, con uno studio più approfondito e con lo sforzo infinito di non semplificare nulla e guardare sempre le cose in modo organico e completo. Nonostante ciò non sono mai riuscito a riconciliarmi o a trovare un compromesso (anche se, devo ammettere, credo di essere proprio fatto così). Sono continuamente in conflitto tra quelli che considero i miei valori e la necessità di non isolarmi dal mondo. Anche la comodità d'uso gioca un fattore determinante, soprattutto nei momenti in cui lo stress mi impedisce di essere nelle condizioni di sopportare i buggatissimi software alternativi.
L'ultimo social network a cui mi sono iscritto è stato Instagram. Usavo già quotidianamente Facebook e sporadicamente Twitter (solo da lurker). Ricordo la sera in cui presi la decisione di registrare un account: chiesi consiglio ai miei compagni di classe e nel giro di frazioni di secondo venni ricoperto di complimenti, consigli d'uso fino a una selezione delle mie migliori fotografie da condividere subito come primo post.
Alla fine decisi di pubblicare una foto di me mentre stringevo una forchetta sul naso e spalancavo gli occhi. I primi commenti che ho ricevuto furono una catena di insulti dei miei amici delusi.
Con il tempo iniziai a usare Facebook sempre meno, fino alla decisione di chiuderlo perché non ci entravo mai. L'unico social network che utilizzavo, ormai, era Instagram.
Inizialmente mi facevo seguire solo dai miei amici. Poi iniziai ad aggiungere sporadicamente qualche ragazzo con cui mi frequentavo. Per qualche motivo (in realtà ovvio) venni risucchiato dall'algoritmo e sempre più ragazzi mi aggiungevano e io mi domandavo cosa fare. Su suggerimento di altri iniziai ad accettare tutti, che magari conoscevi qualcuno di interessante.
Credo che questo sia stato il momento in cui tutto stava andando male. Passavo molto tempo a osservare post e storie di persone di cui non me ne fregava niente, altri di ragazzi che mi piacevano ma da cui mi sentivo ignorato e inoltre vivevo un certo stress nel pensare a cosa pubblicare. Le risposte alle storie di sconosciuti ammiccanti e i mi piace avevano davvero un effetto catalizzatore di dopamina. Pertanto era necessario alimentare questo sistema in continuazione per restare a galla.
Con il tempo le mie istanze anticapitalistiche in chiave anarco-digitali presero di nuovo il sopravvento, e conscio di un malessere che provavo ho staccato la spina a Instagram. Ma solo provvisoriamente.
Ma perché provvisoriamente? Perché ormai ero così legato alla comunicazione via social che avevo totalmente incorporato l'idea che senza sarei sparito dalla mappa (per citare Zuboff). Non riuscivo a contemplare una socialità diversa.
La mia psicologa mi rimproverava di essere troppo radicale, e che l'ansia da social fosse vera ma amplificata dai miei problemi personali e che avrei dovuto imparare a gestirmi meglio. Tutto questo non è falso, ma purtroppo le scelte radicali (qualche volta radicalmente sbagliate) hanno un fascino su di me che non solo non svanisce con l'età, come tante persone mi hanno sempre garantito, ma paradossalmente aumenta e qualche volta si normalizza nei miei comportamenti.
Ho iniziato a contemplare lentamente l'idea di sparire dalla mappa volontariamente. Ho avuto un primo assaggio nel giugno del 2022, quando mi fu sospeso l'account senza motivo. Ho tentato più volte di recuperarlo ma non ci riuscivo. Occasione perfetta. Purtroppo a un certo punto il ripristino ha funzionato, e sono tornato... Ma il pensiero di esserne fuori era così affascinante...
La svolta definitiva è stata quando sono partito per il mio Erasmus in Francia. L'idea ormai era matura in me da tempo, ma non so di cosa fossi ancora alla ricerca.
Credo col tempo di aver capito che la mediazione che forniscono i social media alla nostra realtà, sia come relazioni che come fonte d'informazione sia così pervasiva che non sappiamo più come sostituirla. Inoltre i meccanismi di ricompensa e i mezzi di modifica del comportamento ci trattengono in modi che la nostra coscienza non comprende e non nota, ma la porzione più ancestrale del nostro cervello invece sì, e ci si interfaccia costantemente fuori da ogni nostro controllo.
Il 9 marzo 2023 ho staccato la spina definitivamente al mio account Instagram e a un account Twitter che stavo lentamente utilizzando sempre di più. Fu bellissimo, c'erano attorno a me in quel momento così tante persone e ne parlavo entusiasta con tutti. Reazioni di curiosità da tutti i fronti, così come qualcuno mi prendeva semplicemente per un hipster matto che avrebbe cambiato presto idea.
Un altro fattore che credo mi abbia aiutato molto è stato conoscere altre persone che hanno fatto la stessa scelta. A casa mia non mi era mai capitato.
È stato un periodo interessante, e non ho quasi mai sofferto la mancanza dei social, se non per il desiderio forte di condividere i posti bellissimi che visitavo in Bretagna. Dicevo a me stesso che non era necessario, che in realtà non importava a nessuno ma era solo un modo per far vedere che in quel momento la mia qualità della vita era migliore del solito e non ero uno sfigato qualunque.
Al ritorno, dopo un po' di tempo, ho riprovato a iscrivermi a Instagram. Lo feci per aggiungere tutti gli amici dell'Erasmus con cui non mi vedevo né parlavo più quotidianamente. Pensavo che in questa versione "soft" sarebbe andato tutto bene. Mi sbagliavo.
Nel momento in cui ho effettuato la nuova registrazione, nonostante conosca bene il disastro degli algoritmi di personalizzazione, sono comunque rimasto sbalordito dalla quantità di contenuti omofobi, sessisti, STUPIDI e pseudopubblicitari che mi venivano raccomandati nel periodo in cui la piattaforma mi stava ancora "conoscendo".
E poi non ho avuto nessun piacere a stare lì. Era di nuovo guardare contenuti delle persone, forse reagire ogni tanto, ma limitare le interazioni a quelle previste dai bottoni dell'interfaccia o a piccoli messaggi. Pensare di poter ricostruire 6 mesi di scambio, vita insieme e conflitto era impensabile. Mi annoiavo, ma soprattutto avevo ricevuto la grande, definitiva realizzazione: i social network non fanno nulla di quello che promettono.
Ho cancellato l'account e ora sono davvero felice, consapevole e in pace con questa scelta.
Ma cos'è che penso davvero dei social network? Ecco le polemiche.

Le motivazioni

I social network non ci connettono, né ci uniscono. Ci mettono in competizione.

Il più grande cliché dei social network è l'idea che nascano per unirci e metterci in contatto. No, questa forse è (o è stata) l'idea personale di Mark Zuckerberg, che con una sana dose di corporational determinism l'ha trasformata in una verità sociale.
I social network non ci tengono in contatto né ci uniscono. I nostri profili assomigliano più a forme di personal branding, dove cerchiamo di venderci allo scopo di ricevere approvazione sociale. Questo è anche un noto luogo comune, ma lo associamo alla ricompensa economica e alla frivolezza. Tuttavia, quella che riceviamo e inconsciamente ricerchiamo è più subdola e pericolosa. Con i post giusti e la messa in mostra attiviamo meccanismi tribali di rinsaldamento del gruppo per cui siamo soddisfatti se gli altri ci fanno sentire meritevoli di farne parte. Purtroppo, il nostro gruppo di riferimento è in proiezione globale e determinato dalla bolla di personalizzazione, che gli algoritmi generano e propongono allo scopo di intensificare le nostre emozioni elementari (e le interazioni che ne susseguono) e soddisfare chi sta dietro il sipario: azionisti e inserzionisti.
Per questo motivo, ci poniamo in competizione tra di noi per capitalizzare quanto più possibile l'attenzione degli altri e non creiamo legami sani. Noi non condividiamo, sfidiamo.
La polarizzazione sociale ha motivazioni varie e complesse ma il ruolo dei social network è sicuramente cruciale.

La personalizzazione ci polarizza e ci nasconde la realtà.

Ritorno su qualcosa che ho già citato nell'altro paragrafo. I social network e tutti gli altri strumenti come i motori di ricerca raccolgono una quantità impressionante di dati personali arricchiti da uno scambio fra terze parti. Queste vengono utilizzate per creare un profilo ombra su di noi che ci insegue. Questo profilo è utilizzato per predire il nostro comportamento e crearci una bolla personalizzata in cui avvengono diverse cose:

I social network esauriscono la nostra attenzione.

Una verità eterna del marketing è che l'attenzione delle persone è scarsa, pertanto preziosa, e per capitalizzarla al massimo bisogna catturarne il più possibile. Le interfacce dei social network sono studiate per tenerti incollato. Quanto più spendi in attenzione sui social network (che significa attenzione rivolta soprattutto alle pubblicità e alle inserzioni, dirette o indirette) tanto meno ne avrai per altre attività. Soprattutto, credo che venga a mancare un tipo di attenzione di qualità, poiché quella che rimane è pervasa di stanchezza.

I social network basati sui follower danno una visione precisa dell'ordine sociale.

L'idea che bisogna seguire ed essere seguiti, nonché il concetto stesso di "influencer" viene narrato come caratteristica giovanile e di opportunità di mercato, ma rispecchia una visione della società ben precisa, ovvero che dei leader siano tali per la quantità di persone che li sostengono e le gerarchie debbano seguire le piramidi dei social. Questo aumenta il desiderio di "presidenti" nella società, ma a causa della mediazione forte di questi strumenti sui nostri rapporti umani di cui ho già parlato, ci ritroviamo in una situazione in cui spesso non sono le persone competenti né lo scambio e il compromesso a costruire la nostra realtà, ma chi vince nello star system dei social e ha le risorse economiche maggiori per diventare inserzionista di rilievo.

All'industria dei social network non importa nulla del bene comune.

I miliardari dietro le società di social network sono determisti tecnologici antidemocratici, e rispondono solo agli inserzionisti e agli azionisti, decisamente meno agli utenti e alla legge. Non è un caso che la moderazione dei social sia così fallimentare. Rimuovere i contenuti falsi ma polarizzanti è un danno economico. Credo che chiunque sia stato hackerato, sospeso senza motivo o abbia subito qualsiasi problema con un social abbia trovato un muro di gomma con l'assistenza. Alla fine, gli utenti torneranno a iscriversi e a consumare in ogni caso: l'effetto rete e la paura di sparire dalla mappa vinceranno su ogni crimine nei tuoi confronti.

Infine

Ti ringrazio se hai davvero letto fino a questo punto. Se avessi un blog monetizzato avrei dovuto trovare le parole giuste e accorciare il contenuto per rientrare nei canoni dei motori di ricerca. O direi del motore di ricerca, dato il monopolio che esiste. Tuttavia questo è il mio primo articolo e ho fatto correre i pensieri. Avrei potuto raccontare tante altre cose, e forse quello che ho riportato è perfino più impreciso di come l'ho immaginato. Ma ho scritto liberamente, e tant'è. Buon proseguimento.